Intervista a Libera Carraro

Libera Carraro
Senza titolo, 2008 ferro (prototipo
h. cm 85,7×63
in permanenza presso il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure

Libera Carraro
Dal ciclo “Uomo natura”,
1988 Ceramica raku con intervento
cm 28 x 25,4

Libera Carraro L’incontro, 1983
Tecnica mista su tela cm 85 x 87

Sin dagli esordi Libera Carraro sviluppa la propria pittura per grandi cicli. In quale modo si è evoluto il suo operare e quali differenze emergono dalla sua prima produzione alla più recente?

Tutto il mio operare è sempre ruotato attorno ad una idea che credo sia stato light-motiv della mia esistenza: tramutare cioè l’angoscia esistenziale dell’Essere in una ricerca di vita; arrovellarsi sulle domande fondamentali: da dove veniamo? Dove andiamo? Chi siamo? Per me queste domande sono state qualcosa di più che un assunto culturale. I grandi cicli cui Lei si riferisce sono facce della stessa medaglia. Naturalmente tra i primi tentativi quell’assunto culturale si palesa con maggiore difficoltà. La produzione più recente più consapevolmente mostra il tentativo dichiarato di capire “oltre”. Le esperienze dei grandi maestri, attraverso cui sono passata, hanno accelerato la formazione di una coscienza critica che mano a mano nel tempo si è resa sempre più autonoma, indipendente, prendendo le dovute distanze dalla tentazione di creare un “Logo” ripetitivo, stasi di tanti artisti per restare nel fruttuoso mercato. I grandi cicli sono fittizi, sono, per così dire, modi di fare, legati ad un limitato momento creativo. Queste tappe mi hanno permesso, però, di superare quell’eclettismo che ha caratterizzato le avanguardie storiche. Picasso stesso spazzò via questi clichés con evidenti riferimenti alle antiche civiltà. Non si può rimanere invischiati in ingranaggi di comodità estetica, poichè fare Arte non è una moda.

Quale tipo di ricerca trapela dalla Sua produzione artistica?

La ricerca di un senso dell’esistenza nell’evolversi del Mondo. Non occorre definire il Mondo. La violenza, la paura, l’angoscia della gratuità della solitudine e della ingiustizia spesso emergono e lo caratterizzano. La felicità, effimera chimera, molto spesso non basta a giustificare l’intera esistenza. L’Umanità è parte del Cosmo, vive di Esso e per Esso. La mia opera in definitiva è una scelta dell’Essere. Trovo giusto l’atteggiamento neoromantico che tenta di avvicinarsi alla mistica forza dell’Universo. Noi, tutti noi, ne facciamo parte, quali granelli di sabbia in un arenile.L’ analisi delle forme naturali, di volta in volta mi avvicinano alla Creazione, verso un valore che si vorrebbe disperatamente assoluto. Forse sarò sconfitta, ma anche così sarà un  modo per vincere. Io penso e opero per contestare l’Assurdo della realtà. Libertà e responsabilità sono l’ “ubi consistam” di ogni essere umano. Gli antichi Romani non credevano ai loro Dei. Li hanno però sempre onorati e la moralità stoica ha permesso loro una grandezza immensa: ancora oggi essi sono presenti tra noi. La mia poetica dunque non è mera consolazione di una solitudine esistenziale, ma ricerca di Verità. E questa stessa illusione potrebbe infine rivelarsi come la Verità tanto agognata.

Attraverso quali mezzi espressivi prende forma la sua poetica?

Quale valenza assumono questi nella sua opera? Disegno, pittura, china, incisioni, monotipi, ceramica, installazioni, scultura. La maturazione di queste tecniche è stata strumentale al mio indirizzo culturale. Il disegno mi ha consentito una libertà del segno dinamica, la pittura con la sua corposità luminosa si è sviluppata verso una tridimensionalità apparente e illusoria, che poi ho ritrovato nella realtà della ceramica e della scultura. Il ferro levigato, abbrunito, i tagli decisi di robuste lastre di ferro. le sfaccettature definiscono uno spazio e una dinamica delle forme che trasportano verso “altro”. Le ceramiche Raku nascono di già con un processo tecnico simile –in piccolo ovviamente- al processo di formazione della crosta terrestre. La materia portata a ottocento, mille gradi centigradi acquista la sua forma raffreddandosi.

Quali opportunità le ha offerto una città culturalmente fervida come Venezia e quali sono stati gl’ incontri determinanti per la sua formazione personale e di artista?

Tiziano, Bellini, Giorgione, Tintoretto, Veronese i miei studi.. Ad essi devo quella “valenza di colore tonale trasparente e delicato”. L’incontro con E. Vedova mi ha permesso quella dialettica delle forme che si presta a raccontare in astratto la natura geometrizzata, per così dire, del tutto strumentale al senso della vita. La Natura siamo noi e niente può suggerirlo meglio della città lagunare.

Oltre all’attività di artista, si è resa protagonista della fondazione di associazioni e gruppi dediti all’Arte e alla cultura. Ripercorriamo le tappe principali di tale percorso.

L’incontro con il pittore Guy Vetter di Strasburgo, col quale ho lavorato nel castello di Rèchicourt, Moselle in Lorena, la partecipazione alla fondazione dell’associazione d’Arte e Cultura “La Schola” in Venezia e l’anno successivo la partecipazione alla sperimentazione di M. Merz, la fondazione del “Gruppo astrologico Sirio” in Mestre-Venezia, la realizzazione del manifesto per la conferenza di F. Karger di München, intitolata “Perché viviamo dopo la morte” hanno molto contribuito a rafforzarmi nelle mie convinzioni. Il manifesto per il seminario di astrologia di L. e B. Huber “il sé e la personalità”, la conoscenza del pittore F. Hoffman di Karlsrhue, del pittore londinese J. Allen con i quali ho lavorato nei rispettivi studi, sono state esperienze vantaggiose. Di questo periodo alcune esperienze audiovisive a Venezia. Peraltro elencare tutte le iniziative italiane e straniere, organizzazione di mostre, convegni, segnalazioni e premi, collaborazioni con riviste specializzate, richiederebbe una consultazione del “Curriculum”, poiché esse sono tantissime e mostrano l’interesse che vi è stato e vi è per le tematiche “spiritualiste”.

Attualmente è impegnata nello sviluppo di nuovi progetti?

Si. La scultura mi assorbe nell’impegno di sviluppare una serie di prototipi.

ARTE CONTEMPORANEA
n.18 Mag. Giu. Lug. 2009

Intervista